Estate 2012. In una tersa e fredda giornata di fine agosto con un amico e cliente mi dirigo verso la bocca di Brenta per salire la normale al campanile Basso. Percorriamo la prima parte attrezzata del sentiero delle bocchette e inevitabilmente di fronte a noi la parete nord di cima Margherita è incorniciata dal limpido cielo blu cobalto che fa da cornice ai suoi frastagliati fianchi.
Mi fermo ad osservare la parete; la parte bassa è costituita da placche appoggiate di calcaree grigio chiaro intervallate da cenge ghiaiose, in alto invece la roccia sfumata di grigio e nero è verticale, si alterna a un colore ocra che varia dal giallo oro al marrone chiaro; qui regna lo strapiombo e un timore reverenziale mi invade al pensiero di percorrere queste pareti aggettanti ricche di tetti e bombé. Balza subito all'occhio una fessura che partendo da destra in obliquo verso sinistra taglia una porzione della gialla parete, segue una linea stupenda che potrebbe essere collegata in basso da un diedro camino che fiancheggia un alto pilastro, non posso però credere che non sia stata ancora salita in quanto è evidentissima e sotto gli occhi di tutti.
Nonostante il gruppo di Brenta mi sia abbastanza familiare non conosco la storia di questa parete e tanto meno mi ero mai soffermato a guardarla con attenzione. Nel 2009 ho salito Cembridge, un impegnativa via che con una chiodatura tra moderno e classico sale decisamente più a destra del grande camino colatoio centrale, ma oltre alla vecchia via Cesare Danese del 1963 e alla via Trieste del 1934 non trovo altre informazioni ! Il dado è tratto: la settimana successiva con Alessio sono di nuovo qui per scoprire se effettivamente in questa porzione di parete non sia salito nessuno.
Non partiamo dalla base perché la parete ci sembra poco interessante, ma ci inoltriamo nel cuore della parete attraverso la stessa cengia usata da Stauderi e Migliorini nel lontano 1934, e invece di attaccare come loro a sinistra del bel pilastro, proseguiamo oltre attaccandolo a destra. In partenza la roccia è fredda e umida ma procediamo bene, alla fine del pilastro la linea più logica che conduce alla gialla e obliqua fessura percorre un tiro della via Trieste che ci porta sotto un grande tetto, lo evitiamo a sinistra e con un breve tiro siamo alla base della spettacolare fessura strapiombante. L'arrampicata è atletica ma la roccia riceve senza fatica la nostra serie di friend, purtroppo quasi alla fine del tiro ecco la sgradita sorpresa: un chiodo infisso nella parete interrompe il nostro sogno di via nuova. Pazienza, la roccia è comunque bella e merita di essere arrampicata, proseguiamo perciò verso l'alto ancora con un tiro. Ora il diedro fessura continua per qualche metro trasformandosi poi in una dura fessura strapiombante, la seguo proteggendo l'intero tiro solo a friend, un tratto è molto bagnato e mi obbliga a fare un passo in artificiale su un friend giallo, probabilmente siamo di nuovo su terreno vergine, non un chiodo testimonia passaggi precedenti e anche al termine degli strapiombi dove sarebbe logico attrezzare una sosta non troviamo nulla. Procediamo ancora per un breve tiro e dove la parete perde di verticalità e interesse decidiamo di calarci in corda doppia, per non ritrovarci a penzolare nel vuoto piazziamo qualche friends durante la discesa. Nella terzultima doppia la corda non vuole saperne di essere recuperata e quindi con un bloccante sulla stessa risalgo arrampicando il tiro, poi tutto procede liscio e al rifugio Brentei davanti ad un fumante piatto di pasta al ragù facciamo scorrere pagina per pagina i vecchi libri delle vie fino a trovare la relazione della via Boom Shankail aperta da Danilo Bonvecchio e Franco Corn il 6 luglio del 1987.
Dopo due settimana ritorniamo intenzionati a tuffarci nel centro della gialla parete per evitare la parte in comune della via di Bonvecchio, tralasciamo momentaneamente il settore basso arrivando nella zona superiore attraverso cenge e ripidi ghiaioni con l'intenzione di non usare fix, l'incognita è alta: riusciremo a passare solo con chiodi classici ?
Il profilo del campanile Basso si staglia alle nostre spalle, trasuda di storia e imprese famose; Cassin, Maestri, Preuss, Graffer, Aste, Stenico e Navasa sono alcuni degli alpinisti che hanno fatto la storia su queste cime; con corde di canapa, scarponi e pesanti chiodi artigianali hanno realizzato dei capolavori di ardimento e arrampicata, noi con la nostra attrezzatura tecnica siamo decisamente avvantaggiati, ma non vogliamo forare la roccia e non abbiamo portato nulla al seguito che ce ne dia l'opportunità.
La giornata è freddissima, spira un gelido vento da nord e questa mattina le colate di acqua si sono ghiacciate, siamo alla base della gialla parete, un diedro strapiombante a destra di un pilastro ci porta a fare sosta nel pieno degli strapiombi, la vista riesce a spaziare solo pochi metri più su di dove ci troviamo. Ora l'arrampicata diventa tecnica e continua, la roccia è compattissima ma accetta le protezioni veloci e qualche chiodo, dopo venticinque metri e con un ultimo difficile passo mi porto su un pulpito dove la successiva parete sembra ancora più compatta e difficile; decido di fare sosta. Un chiodo universale canta fino alla testa, una lametta solo per metà, riesco ad aggiungere un tricam in un buco, collego il tutto e recupero Alessio. Le dita completamente insensibili non sentono la roccia, in sosta siamo scossi da brividi di freddo e non ci resta altro che battere in ritirata rimandando all'anno successivo.
Settembre 2013. Evitiamo nuovamente la parte bassa e come nel tentativo precedente attraverso i ghiaioni ci portiamo sotto la gialla parete, questa volta le temperature sono più accettabili; Alessio salendo da primo si gode l'ultimo tiro salito l'anno precedente e a me spetta di scoprire il terreno nuovo.
Arrampicare dove nessuno è mai salito è un'esperienza molto profonda, non puoi sapere cosa ti aspetterà oltre, certo riesci a valutare indicativamente quanto potrebbero essere difficili i passaggi, ma la grossa incognita è quella di riuscire a proteggersi adeguatamente e la questione non è così scontata, una cattiva valutazione o la conformazione del terreno stesso potrebbero portarti ad un vicolo cieco e alla necessità di fare delle scelte molto importanti: l'indecisione non è ammessa. La tua mente deve continuamente lottare per non abbassare mai la guardia e sentire che la tua sicurezza interiore si allarga a macchia d'olio è una gratificazione dal valore incalcolabile.
Riparto, ma prima di avventurarmi oltre voglio proteggere la sosta, riesco a piantare un chiodo un metro sopra, rinvio la corda verde attraversando a destra con il cuore più leggero, la parete è verticale, avara di appigli, appeso al cliff piazzo un altro ottimo chiodo ed è la volta della corda rossa; ora esito, provo a salire e mi riabbasso, salgo ancora e mi riabbasso nuovamente rendendomi conto che per qualche metro non avrò più la possibilità di proteggermi, la mia sicurezza traballa..... In equilibrio precario su una staffa riesco a posizionare un micro nut di rame martellandolo in una superficiale fessurina, gli attacco una fettuccia per farmi da staffa, la carico senza respirare e tagliando i ponti con un eventuale ridiscesa, proseguo con l'arrampicata fino a piantare un altro chiodo. Dopo alcuni impegnativi metri e un delicato traversino giungo dove la parete si verticalizza nuovamente, non vedo possibilità di proteggermi, una fessura orizzontale va verso destra, ma porta verso la fine del diedro fessura di Boom Shankail, lo vorrei evitare ma le mie risorse psichiche sono in riserva; decido quindi di attraversare e con una decina di metri in comune alla via di Bonvecchio mi porto sul tiro della fessura strapiombante, ora è perfettamente asciutta e questo mi dà la possibilità di salirla completamente in libera, Alessio come da copione sale il breve e facile tiro dove terminano le difficoltà.
Con la prima doppia ci caliamo verticalmente attrezzando una sosta al di fuori della linea di salita, pensando al nostro prossimo ritorno osservo a sinistra del lungo traverso che mi ha riportato sulla via di Bonvecchio e sembra che si possa passare...
Settembre 2016, il progetto a cima Margherita era stato momentaneamente accantonato ma come un tarlo i gialli strapiombi hanno continuato a lavorare nei miei pensieri e questa volta voglio finire. Ho passato l'estate lavorando in alta montagna e arrampicando solo in falesia, non ho salito nessuna via in dolomiti, sono un po' dubbioso ma allo stesso tempo molto carico. Il primo tiro serve per resettare il mio sistema, ripetiamo i primi tre tiri del pilastro, attraversiamo a sinistra per evitare i tiri della via Trieste, con due lunghezze nuove ci portiamo alla cengia mediana, superiamo di slancio i tiri successivi, libero senza esitazione il passo fatto in artificiale sul micro nut, ma ancora al traverso a destra ho dubbi, mi sembra una forzatura attraversare a sinistra, quindi decido che la nostra via avrà dieci metri e una sosta in comune con la via Boom Shankail. Arriviamo ancora all'ultima sosta dei tentativi precedenti e soddisfatti per aver concluso questo bel viaggio ci caliamo a terra.
La via è dedicata a Paolo Grandi che senza risparmiarsi dopo aver creato l'azienda Inoxea ha dedicato una vita intera alle varie lavorazioni dell'acciaio inox, ma a dispetto di questo materiale inossidabile ci ha lasciato nell'agosto del 2015 a seguito di una forma di demenza causata dalla malattia frontotemporale.
Buon viaggio Paolo
Via: "Inoxidabile" alla parete N di cima Margherita m. 2.845
Apertura: Parolari Roberto e Avallone Alessio il 08/09/2012 - 22/09/2012 26/09/2013 - 25/09/2016
Sviluppo: 375 m
Difficoltà max: VII+
Avvicinamento:
Da Madonna di Campiglio in macchina fino al parcheggio di Vallesinella (parcheggio a pagamento). Seguire il sentiero n° 317 per il rifugio Casinei e quindi il n° 318 per il rifugio Brentei m.2182 (ore 1,30/2,00). Dal rifugio continuare sul sentiero in direzione del rifugio Pedrotti, dopo essere transitati sotto il campanile Basso e aver fatto il lungo diagonale su ghiaie si giunge su un pianoro, qui abbandonare il sentiero che va in direzione della ferratina per la bocca di Brenta/rifugio Pedrotti e andando a dx in mezzo a massi si imbocca la cengia che attraversa la parte bassa della parete di cima Margherita. Continuare quasi fino alla fine della cengia fermandosi dopo un piccolo tettino a una decina di metri da terra e attaccare in un camino inizialmente umido a dx di un ometto (ore 1,00). Prendere come riferimento la verticale del grande camino/diedro colatoio che scende dalla vetta di cima Margherita, l'attacco si trova circa 40 m prima di una placca bagnata
Discesa:
- 1° possibilità; dalla sosta n° 10 in corda doppia (non fermandosi alla sosta n° 9) calarsi in piena parete strapiombante (rinviare la sosta n° 9, i 2 chiodi del tiro n° 9 e una clessidra poco prima di una sosta di calata). Da questa sosta con una lunga doppia nel vuoto da 60 m si arriva alla cengia sottostante poco più in basso della sosta n° 5. Se non si arrivasse alla cengia fermarsi prima a una decina di metri dalla cengia ad un pilastrino con fettuccia di calata, da li con una breve corda doppia fino alla cengia. Attraversare ora a dx (faccia a valle) lungo la grossa cengia che gradualmente và restringendosi, fermarsi contro la parete all'altezza di 1 chiodo con cordino rosso, con una calata di 20 m si arriva al ghiaione e al resto di un nevaio. Continuare a dx senza abbassarsi ma risalendo in obliquo (per evitare i salti sottostanti), continuare ad attraversare a dx fino ad un evidente ghiaione che porta nella conca sottostante dove si prende il sentiero attrezzato che si segue in direzione del rifugio Brentei.
- 2° possibilità; dalla sosta n° 10 proseguire per circa 50/60 metri (III/IV) fino alla cengia superiore, attraversare a dx (faccia a monte) fino ad intravedere la forcella tra cima Margherita e cima Tosa, raggiungerla e scendere sul versante opposto (sud) fino sotto nella conca, portarsi sul sentiero che verso sx porta prima al rifugio Pedrotti e poi attraverso la bocca di Brenta in direzione del rifugio Brentei.
Materiale: 1 serie di friends (fino al 3 camelot) anche micro, nuts, cordini, 2 corde da 60 m, qualche chiodo da roccia.
P.S. tutti i chiodi utilizzati sono rimasti in parete
Dettaglio tirilunghezza – difficoltà max | Materiale sul tiro | Materiale in sosta | Note | ||
1° tiro | 65 m | V/IV | // | 2 chiodi | Attaccare nel piccolo camino nero (ometto), e dopo pochi metri uscirne a dx, spostandosi poi alternativamente sulla placca a dx e dentro il camino. Per evitare di non arrivare in sosta con le corde conviene fermarsi prima dell'uscita sulla cengia (sosta da attrezzare) |
2° tiro | 30 m | VI+/IV+ | 2 chiodi e 1 clessidra da infilare | 2 chiodi | Salire nel camino e pochi metri dopo traversare a dx in placca, salire poi diritti spostandosi prima leggermente a dx e poi a sx per uscire direttamente dove il camino si stringe |
3° tiro | 40 m | VI-/IV | // | Cordone su pilastro | Traversare 2 metri a dx in placca, salire diritti seguendo una fessurina, fino ad entrare e superare il camino, dopo averlo superato si entra in un grande colatoio, lo si percorre per intero andando a sostare fuori su di un pilastro a sx |
4° tiro | 35 m | IV/V+ | 1 chiodo | 2 chiodi | Dalla sosta rimontare il breve muretto e traversare circa 20 metri a sx per cengetta, salire poi per placca seguendo una fessura obliqua a dx, alla sua fine traversare 3 metri a sx per arrivare alla sosta su una cengetta |
5° tiro | 50 m | V-/IV | 1 chiodo | 2 chiodi | Proseguire diritti sulla sosta superando dei piccoli bombée, ancora diritti e poi in obliquo a sx in direzione della verticale del pilastro giallo con il diedro alla sua dx. Sosta appena sopra la grande cengia |
6° tiro | 35 m | VI+/V | 1 clessidra con cordino | 2 chiodi | Sulla verticale del diedro del pilastro salire per belle placche nere senza via obbligata, fino al diedro giallo strapiombante, superarlo fino ad arrivare su una comoda cengia con la sosta a sx |
7° tiro | 25 m | VI+/VII+ | 4 chiodi e 1 sasso incastrato con cordino | 3 chiodi | Attraversare 3 metri a dx seguendo poi le fessure che zizagano negli strapiombi, al sasso incastrato con cordino salire diritti, poi alla fessura orizzontale andare a dx e sotto, la verticale dei chiodi salire diritti uscendo a dx alla sosta |
8° tiro | 55 m | VII+/VI | 5 chiodi1 micro nut | 2 chiodiSosta in comune con la via Boom Shankail | Dalla sosta attraversare a dx fino al chiodo, salire diritti (P.S nel 2° tentativo dal chiodo è stato fatto un passo in artificiale prima sul chiodo e poi su un micro nut, liberato poi nell'ultimo tentativo) e spostarsi a sx fino ad un altro chiodo che da accesso al diedro fessurato, quando la fessura si restringe traversare a dx con passaggio delicato, continuare diritti fino alla fessura orizzontale, seguirla a dx fino alla sua fine entrando ora nel diedro fessura della via Boom Shankail che si segue per 5 metri andando a sostare a dx su comoda cengia (sosta in comune con Boom Shankail) |
9° tiro | 25 m | VII+/VI | 3 chiodi | 2 chiodi | Proseguire nel diedro fessura, (dopo 5 metri all'altezza di un pessimo chiodo Boom Shankail devia a dx) a una fessura orizzontale attraversare a sx un paio di metri, salire la fessura strapiombante e traversare a sx su una placca nera, aggirare a sx uno strapiombino e rientrare a dx alla sosta su di una cengetta |
10° tiro | 15 m | V-/IV | // | 2 chiodi | Superare lo strapiombino a sx della sosta, proseguire diritti per poi andare a dx alla sosta |
Download allegati:
Inoxidabile_relazione.pdf
Inoxidabile_itinerario_di_insieme_ridotto.jpg
Inoxidabile_schizzo.pdf