Ghiaccio

"No Pain, No Gain" al Crozzon di Brenta

Novembre 2018: pioggia abbondante dalla pianura a 3000 metri di quota, ribasso delle temperature, rialzo e neve, di nuovo alternanza tra ribassi e rialzi, neve, freddo... potrebbe essere un anno incredibile per le condizioni del ghiaccio in montagna...

Un’ulteriore nevicata mi spinge a fare il primo solitario sopralluogo in quella che ormai considero casa... "il Brenta". Forse potrò sembrare monotematico, sono ormai più di vent'anni che quando le prime nevi autunnali ne imbiancano le alte cime comincio a sentirne il richiamo, ci ritorno come se fosse la prima volta, l'emozione è sempre tanta, cammino inciampando con lo sguardo rivolto all'insù, con la speranza di scorgere una fantastica nuova colata.

Parto con calma alla volta di Campiglio con l'idea di fare una tranquilla camminata, incontro amici che salgono verso il rifugio Casinei, la traccia nella neve è fatta, chiacchiero durante il cammino e salutandoli prendo il bivio per il Brentei e subito mi rendo conto che forse sarà qualcosa di più di una tranquilla camminata. La traccia ora non c'è più, calzo le ciaspole e comincio a camminare nella neve che gradualmente diventa sempre più alta, crostosa ma non al punto da sorreggermi e feltrosa negli strati interni, il procedere è lento ma la giornata serena, il cielo terso e il tepore del sole rendono meno faticoso il cammino, la neve candida è segnata da continui attraversamenti di ungulati, le loro tracce segnano tutto il terreno, si stanno abbassando alla ricerca del cibo che a queste quote ora è rimasto sepolto. Poco prima del Brentei, un gruppo di camosci si ferma incuriosito ad osservare questo bipede che arranca nella neve ma in un baleno spariscono dalla mia vista con leggerezza, eleganza e invidia da parte mia per la loro velocità negli spostamenti nella neve profonda. Davanti al rifugio si staglia la maestosa parete nord del Crozzon di Brenta. Incredibile: è completamente incrostata di neve, abbondanti colate di ghiaccio rigano tutte le vie di roccia, “Lisa dagli Occhi Blu” è ricca di ghiaccio come non mai e circa cento metri alla sua destra una colata di ghiaccio mai vista disegna sulla parete una linea che si congiunge nella parte superiore di quella salita fatta nel lontano febbraio del 1997.

Con una telefonate convinco subito Daniele Frialdi ad aggregarsi a questa "scampagnata" e a lui si aggregano Marco e Vince.

Dopo pochi giorni saliamo al rifugio Brentei e depositati i carichi andiamo a fare la traccia fin sotto il canalone della Tosa; Vince davanti avanza come un trattore, noi fatichiamo a stargli a ruota, torniamo alla luce delle frontali per la cena e ormai poche ore di sonno ci separano dalla mattutina sveglia. Sono le 04,30 e stiamo pestando già neve, il cielo è addobbato da miriadi di stelle, la luna rischiara il nostro incedere, Eolo dorme profondamente trattenendo il fiato e la traccia fatta il pomeriggio del giorno prima ci fa procedere spediti e senza fatica. In un’ora siamo alla base del canalone, abbandoniamo le ciaspole e calzando i ramponi cominciamo a risalirlo per circa duecento metri di dislivello, scaviamo una piazzuola nella neve, ci imbraghiamo e cominciamo ad arrampicare sul pendio nevoso intervallato da alcuni tratti di ghiaccio fine. Davanti siamo io e Daniele, da vicino ci seguono Marco e Vince, guadagniamo abbastanza velocemente terreno e andiamo a sostare dove la parete comincia a verticalizzarsi, una goulotte non molto ripida porta alla colata principale, sembra tutta apparentemente di ghiaccio, ma subito mostra la sua vera consistenza: croste molto poco affidabili dove le viti sono inutili e la progressione deve essere più che delicata. Siamo alla base della colata principale, Daniele mi propone varie alternative: la prima a sx con un tratto su roccia strapiombante e duro, proteggibile parzialmente per poi arrivare a un velo di ghiaccio inesistente; opzione due: placca nera molto compatta per arrivare sullo stesso velo di ghiaccio; opzione tre "non te la dico" dice Daniele, ma l'opzione tre è la prima che io considero e che a mio avviso è la più sensata. A me il tiro comunque pare molto ostico e cedo il passo a Daniele che non si fa pregare, la sosta è buona, due micro friend alla stessa altezza e le corde sfalsate garantiscono una ottima prima protezione, lui si alza al di sopra dei friend, pulisce, incastra le picche, si alza ancora cercando di agganciare qualcosa ed eccole improvvisamente schizzare via dalla roccia... e Marco al mio fianco esordisce con "bene, i friend tengono".... Ok, ci riprova e stavolta va meglio, oltrepassa la prima sezione dura, si protegge come meglio riesce, sale ancora mentre il dado sotto fuoriesce... sale spostandosi a sinistra e quella che ci era sembrata una bella colata di ghiaccio è in realtà una crosta terribile al limite del crollo, prova inutilmente a mettere una vite, pochi giri nel ghiaccio, poi spazio vuoto e dopo poco roccia.... , lo estrae, noi da sotto capiamo che la situazione è seria, la protezione precedente è ormai un lontano ricordo, lui (immagino) fa un bel respiro e parte per quel run out di 7/8 metri di "ghiaccio" verticale e delicatissimo, le picozze penetrano emettendo un cupo e sordo rumore, i ramponi a volte sfondano la crosta battendo contro la roccia sottostante, Daniele procede apparentemente tranquillo, nulla traspare dai suoi movimenti che continuano ad essere fluidi ed efficaci; alla fine del muro con gran sollievo di tutti riesce a piantare un chiodo da roccia e si avvia a finire il tiro, si fermerà alla fine della corda: 60 metri pieni....

Le nostre due cordate fino a quel momento hanno agito separatamente ma ora vista la difficoltà del tiro decidiamo di lasciare le protezioni in loco per Vincenzo che salirà da primo con la seconda cordata, il ghiaccio dopo ogni passaggio diventa sempre più effimero e in questo modo abbiamo maggiore garanzia di passare tutti; io raggiungo Daniele in sosta complimentandomi con lui, Vincenzo mi segue e quando io sono a circa metà del tiro successivo arriva anche Marco alla sosta sottostante.

A me tocca ora un’altra sezione impegnativa, il nostro materiale è rimasto sul tiro precedente e praticamente sono quasi senza attrezzatura per procedere sugli ultimi 20 metri che sembrano tutt'altro che facili; mi raggiunge Marco rifornendomi di materiale ed è l'unico che in questo modo riesce a mettersi al riparo da tutto quello che io scaricherò durante l'arrampicata, gli altri due compagni sotto sopportano senza distogliermi dall'azione, ero ormai talmente concentrato sulle difficoltà che non ho preso in considerazioni di fermarmi a fare una sosta intermedia. Le difficoltà sono diminuite ma la caratteristica del tiro richiede ancora attenzione, le protezioni sono solo su roccia ma non sempre immediate, croste subdole si alternano a sezioni di ghiaccio migliori e un paio di esigenti strapiombini rocciosi mi impegnano ancora fino a fine corda, faccio sosta con un due buoni chiodi da roccia e Daniele mi raggiunge infreddolito per la lunga pausa e per la neve che gli ho buttato addosso. Mentre noi chiacchieriamo beatamente Vincenzo è partito per il tiro sotto, sul passo chiave mentre cerca di rinviare una mia protezione (ormai siamo cordata unica), la corda non lo segue come dovrebbe e vola qualche imprecazione rivolta a Marco ma poi tutto riprende a filare liscio. Con il successivo tiro meno difficile ma pur sempre ostico ci ricongiungiamo con “Lisa dagli Occhi Blu” all'altezza del grande muro di ghiaccio, io raggiungo Daniele apprezzando molto un suo friend volto a proteggere la mia progressione prima del suo traverso a sinistra, sono più che soddisfatto per aver raggiunto l'obbiettivo prefissato e ho intenzione di scendere da quel punto, lui e Marco vorrebbero continuare su Lisa, a Vince andrebbe bene anche la mia idea. Io in modo poco democratico li convinco a scendere e comincio a preparare la prima calata su Abalakof, sono già sceso diverse volte da questa parete e questo potrebbe velocizzarci, mi calo alla ricerca della sosta che non trovo quindi comincio ad attrezzare un’altra Abalakof, il poco ghiaccio mi impegna più del dovuto, quando all'improvviso sento delle grida da sopra e vedo sfrecciare poco distante da me il mio thermos con ancora del bel thè caldo; vabbè pazienza... comincio a calarmi e da sopra Daniele fa la stessa cosa, scaricandomi in testa un blocco di neve dura con una sfilza di mie imprecazioni. Ora è buio, per trovare la sosta successiva devo sgomberare completamente una grotta piena di neve, il lavoro mi fa sudare parecchio, quando Daniele mi raggiunge con le altre due corde trema dal freddo ... Ognuno di noi ci mette del proprio, io scendo ad attrezzare con le prime due corde, poi scende Daniele portandomi le altre due, mentre Marco e Vince si calano io mi porto avanti attrezzando le calate successive più speditamente: ma ci vuole parecchio tempo, qui non è mai così scontato attrezzare una calata e mentre io mi do da fare, i compagni attendono fermi al freddo. Mi calo sulla parete strapiombante che poi diventa verticale, faccio due nodini ai capi e vado in battuta a fine corda su terreno leggermente più appoggiato, cerco ghiaccio sotto la neve ma non è sufficientemente spesso per una Abalakof, cerco roccia ma è troppo compatta per dei chiodi, alla fine riesco a fare un ancoraggio su una grossa clessidra di neve dura. Libero le corde e mentre aspetto Daniele osservo il mio ancoraggio, posso migliorarlo prendendo più porzione di neve dura con una fettuccia, Daniele arriva e mi chiede: "ma tiene...?". Procedo oltre, ancora fino a fine corde, ora sono su un ripido pendio di neve, non trovo ghiaccio, la roccia è di nuovo troppo compatta, scavo allora dietro la neve dura formando un grosso labbro, passo le corde e con ancora sessanta metri appoggio i piedi finalmente dentro il canalone. Ci riuniamo, raggiungiamo gli zaini alla base della via appena salita, Daniele e Marco schizzano via veloci, Vince li segue poco dopo e io con calma finisco di prepararmi per scendere nel canalone, ormai non c'è più fretta, le tracce dei miei compagni scendono per ordine sparso sulla massima pendenza e probabilmente con la neve che smuovono mi coprono le ciaspole dalla vista, Vincenzo è alla base del canalone e risale per aiutarmi a cercarle, Marco e Daniele sono molto più in basso.... Avrebbero potuto aspettare un attimo per segnalarmi la piazzuola, anche Vince concorda che non c'era motivo di correre così visto che siamo stati insieme tutto il giorno. Continuiamo a cercare ma inutilmente e alla fine continuo la discesa senza, raggiungo Marco e mi arrabbio con lui, lo stesso faccio dopo con Daniele e senza fermarmi proseguo a passo spedito verso il Brentei. Mi raggiunge Marco, ci rifocilliamo silenziosi, io devo ancora sbollire l'arrabbiatura, poi pian piano la tensione si stempera e cominciamo ad assaporare insieme la giornata. Vince e Daniele tardano ad arrivare e Marco mi aggiorna sul fatto che sono risaliti lungo il canalone a cercare le mie ciaspole, ora con questo gesto riconciliante dei compagni nei miei confronti il residuo dell'arrabbiatura si dissolve come nebbia al sole.

Morale della favola è che abbiamo passato due giorni impegnativi; ci sono stati momenti di tensione e di idee contrastanti ma tutto si è risolto sempre al meglio, segno che sul Crozzon non siamo stati solo alpinisti che hanno portato a termine una salita , ma quattro amici che in questa esperienza hanno condiviso idee, fatica, paure e preoccupazioni, cibo e bevande, affidandosi ciecamente al proprio compagno, aiutandosi in modo reciproco quando il momento lo richiedeva, ritornando a casa stanchi ma con il sorriso, salutandosi infine con una calorosa stretta di mano e con un sincero "alla prossima" !!

Via: "No Pain, No Gain" al Crozzon di Brenta

Apertura: Parolari Roberto, Frialdi Daniele, Verzelletti Marco, Valtulini Vincenzo il 01/12/2018

Sviluppo: 475 m

Difficoltà max: IV, WI 6, M7. Via impegnativa che richiede buona preparazione psico fisica, difficile da proteggere sia su roccia che nei lunghi tratti di ghiaccio molto aleatori e delicatissimi (non siamo riusciti ad usare neanche una vite da ghiaccio). Necessita di una buona abilità nel piazzare dadi e friend, abbinata ad occhio per posizionare i pochi ma indispensabili chiodi su roccia. La via termina alla congiunzione della via "Lisa dagli Occhi Blu" alla base del grande muro di ghiaccio, si può proseguire sulla seconda parte di detta via fino alla cima del Crozzon di Brenta

Esposizione: Nord 

Avvicinamento:  Da Madonna di Campiglio prendere la strada che conduce a Vallesinella, seguire il sentiero n° 317 per il rifugio Casinei e quindi il n° 318 per il rifugio Brentei m.2182 (ore 3,5 in funzione all'innevamento) fino al suo bivacco invernale.

Dal rifugio seguire il sentiero estivo in direzione bocca di Brenta, oltrepassare la chiesetta e quando il sentiero estivo comincia ad attraversare i ripidi pendii, abbassarsi in obliquo a dx fino alla sottostante valle e oltre la verticale del canalone Neri. Rientrare ora in obliquo verso dx puntando all'imbocco del canalone Neri, risalirlo per circa 200 m. oltrepassando la barriera rocciosa sulla dx fin quando si apre il primo pendio nevoso sulla verticale della colata alta del 5° tiro ( ore 2,00 )

Discesa: con 2 doppie da 50 m. su abalakof si arriva in una grottina a sx ( possibilità di trovarla intasata di neve) ad una sosta su roccia (cordino giallo e moschettone di calata) di Lisa dagli Occhi Blu, con una calata da 60 m. "precisi" si oltrepassa la sosta di Lisa nel grottone e ci si ferma su terreno leggermente più appoggiato (sosta su grossa clessidra di ghiaccio con fettuccia da cercare o da attrezzare). Con un altra doppia da 60 m fino ad un grosso fungo su neve/ghiaccio (da realizzare) e ancora con una calata da 60 m. si arriva ad appoggiare i piedi dentro il canalone Neri

Materiale:         qualche vite da ghiaccio corta e lunghe (per le eventuali abalakof nella discesa) , 1 serie di friends (fino al 3 camelot) anche micro, nuts, cordini, 2 corde da 60 m, martello e un buon assortimento di chiodi da roccia (meglio una mazzetta a testa).

Dettaglio tiri

lunghezza – difficoltà

Materiale sul tiro

 

Materiale in sosta

Note

1°/2°/3° tiro

150 m

Neve/ghiaccio 40°/55° con risalti più ripidi

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Nulla

Da attrezzare su neve e roccia

Risalire il pendio nevoso (puntando alla verticale della colata del 5° tiro) e fermarsi alla sua fine a sx delle prime colate sostando su roccia da attrezzare con chiodo e friend

4° tiro

60 m

+ 10 m.

M5

Si alternano passaggi su croste di ghiaccio e roccia

1 nut al termine della goulottina

Grosso spuntone

+ 1 chiodo

Attraversare 5/6 m. a dx e prendere le prime colate/croste, risalirle verticalmente ma su terreno leggermente appoggiato e alla loro fine traversare leggermente a dx e per pendio nevoso salire stando a sx della verticale della colata di ghiaccio e sostando sul grosso spuntone (60 m). Attraversare in obliquo a dx su neve x 10 m. fino a un chiodo di sosta

5° tiro

60 m

M7

WI 6 X R

Misto difficile su croste e ghiaccio molto aleatorio

1 chiodo a lama alla fine della parete verticale di croste di ghiaccio

2 chiodi collegati da Kevlar

Dalla sosta alzarsi verticalmente con passaggi su roccia superando un paio di strapiombini per poi attraversare a sx a prendere la colata di ghiaccio molto sottile e improteggibile per 7/8 m. con rischio di collasso della struttura. Proseguire poi su terreno più facile fino alla sosta

6° tiro

55 m

M 6

Misto che si alterna a brevi sezioni di ghiaccio con risalti impegnativi

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Dalla sosta proseguire lungo la strettoia di ghiaccio/neve andando a dx verso un diedro (più proteggibile), seguirlo fino alla sua fine e traversare a sx fin sotto un strapiombino. (conviene fare sosta ancora più a sx per evitare le scariche sulla sosta sottostante). Superare lo strapiombino, salire diritti per poi spostarsi leggermente a dx e di nuovo diritti a superare alcuni risalti ostici. Sulla cengia nevosa traversare qualche m. a sx per sostare su roccia

7° tiro

55 m

M5+

Tiro su ghiaccio meno ripido ma improteggibile e misto articolato

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Attraversare 5/6 metri a sx fino alla colata più consistente, salirla e poi rientrare a dx, salire ancora diritti e poi sotto uno strapiombino spostarsi a dx 2 metri e continuare a salire diritti fino ad incontrare un pendio nevoso, salirlo fin contro la roccia e spostarsi a sx qualche m. aggirando uno sperone roccioso e salendo qualche metro si attrezza la sosta su roccia

Download allegati: 

No Pain, No Gain relazione.pdf

No Pain, No Gain itinerario di insieme.jpg

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